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Breve storia dell’editoria musicale

Michael Bublé ha annunciato in questi giorni la prossima uscita del suo nuovo album, intitolato Love. Il disco sarà anche l’ultimo della sua carriera, perché il cantante ha deciso di ritirasi dalle scene. Nel corso di una carriera ventennale, Bublé ha venduto milioni di copie riportando in auge lo swing americano, reso famoso da Frank Sinatra. Questo ritorno ciclico di generi musicali del passato è peraltro una caratteristica della moderna industria musicale. Storicamente l’editoria, accanto ai libri e alle grandi opere come quelle di Federico Motta Editore, si è occupata anche della stampa e distribuzione di partiture musicali. Scopriamo come è nata e si è trasformata questa industria, fino ad arrivare a Michael Bublé.

L’editoria musicale nasce inizialmente con la stampa di partiture, ma si rivoluziona con l’avvento della radio e dei dischi

Nascita dell’editoria musicale

Gli editori sono stati i primi a dar vita a una vera e propria industria musicale. Stampando le partiture delle opere, svolgevano infatti il ruolo di mediatori tra i compositori, i musicisti e gli ascoltatori. Fino all’inizio del Novecento la fruizione della musica richiedeva la sua esecuzione dal vivo. Nelle famiglie dell’alta società, le giovani ragazze ricevevano anche un’educazione musicale, imparavano a suonare uno strumento e si esibivano davanti a parenti e ospiti. In altri casi, un musicista professionista veniva assoldato dai padroni di casa. Simili scene si possono ritrovare, per esempio, in molti romanzi dell’Ottocento. C’erano poi le rappresentazioni in teatro, che grazie ai proventi derivati dal diritto d’autore rappresentavano un’importante voce del fatturato degli editori.

Dall’avvento del disco a Michael Bublé

I primi editori musicali erano quindi dei tipografi, proprio come Federico Motta Editore. L’avvento del disco e della radio però cambiò radicalmente il settore: per la prima volta si poteva ascoltare musica senza avere di fronte dei musicisti in carne e ossa. Le composizioni registrate potevano essere replicate e distribuite in migliaia e poi in milioni di copie. All’inizio gli editori musicali furono spiazzati e guardarono con sospetto alle novità, ma grazie a opportune modifiche della legge sul copyright si creò un nuovo e interessante modello di business. Curiosamente, timori simili si stanno verificando anche oggi di fronte alla nuova rivoluzione digitale. C’è però da credere che mp3 e musica in streaming non uccideranno l’industria musicale; semmai la stanno trasformando profondamente.