La tradizione della biblioteca nel monachesimo occidentale
Oltre a quello dei padri della Chiesa, un altro modello di biblioteca cristiana diffuso nell’alto Medioevo fu quello legato al monachesimo occidentale. Come scrive Umberto Eco nell’introduzione al Medioevo pubblicato da Federico Motta Editore, il Medioevo è un’età fondamentale della storia europea. È anche grazie ai monaci medievali se parte della cultura classica è giunta ai nostri giorni.
Biblioteca e monachesimo occidentale
La diffusione delle biblioteche nel Medioevo si deve agli ordini regolari, che vivevano “fuori dal secolo”. Alcuni studiosi, come Guglielmo Cavallo, ritengono che queste comunità avevano la loro origine nella pratica di vita dei grammatici alessandrini, dediti alla vita comunitaria. Le prime comunità di cenobiti si diffusero in Egitto, dove si radunarono i cosiddetti padri del deserto. Costoro, pur rinunciando a qualsiasi bene e vivendo in grotte e capanne, possedevano libri che custodivano in un armarium comune. Su questi volumi, quotidianamente, compivano la lettura quotidiana da condividere in comunità alla sera.
Questo modello si diffuse anche in Occidente. A Milano (con sant’Ambrogio), a Tours (con San Martino) e a Parigi (con Guglielmo di Champagne) nacquero delle comunità religiose “fuori dalle mura”, che divennero centri di scuole e biblioteche tra le più celebri del Medioevo. Ma il vero fondatore del monachesimo occidentale sarà Cassiodoro, fondatore della comunità di Vivarium (546) presso il golfo di Squillace. Vivarium accoglieva, come ad Alessandria, una comunità di dotti, un laboratorio di copiatura e una biblioteca. Qui fu stabilito un canone, ovvero una lista dei testi che dovevano essere posseduti da ogni biblioteca.
La Regola benedettina
L’introduzione delle Regole nel monachesimo occidentale, e in particolare quella dell’ordine benedettino, attribuì molta rilevanza all’alfabetizzazione dei monaci. Per quattro ore al giorno dovevano infatti dedicarsi alla lettura e all’opera di trascrizione dei testi per arricchire la biblioteca. Il monastero inoltre cresceva come centro isolato dal mondo e autosufficiente: i monaci si dedicavano anche alla produzione della pergamena tramite l’allevamento del bestiame che forniva la materia prima. Sulla scia di questa tradizione nacquero le abazie di Saint-Denis e Saint-Germain-des-Prés, che istituirono biblioteche che rimasero le più ricche del Medioevo e che sopravvissero fino al crollo dell’Ancien Régime.
Nell’Europa occidentale l’affermarsi della dinastia dei Franchi tra il V e il X secolo contribuì attraverso ricche donazioni alla fondazione di ricche abbazie che possedevano scriptoria e collezioni librarie provenienti da Roma. Gettarono così le fondamenta della civiltà del libro in tutto l’Occidente continentale. Sulle isole britanniche invece trovarono terreno fertile evangelizzatori come san Patrizio (373-461) e san Colombano (?-615), san Gallo (550 ca.-645) e Willibrord (?-739), fondatori di monasteri e di comunità dedite alla copiatura dei testi e i cui nomi sono legati a volumi manoscritti di fondamentale rilevanza storica e artistica.
La biblioteca al tempo dei Carolingi
Con l’avvento dei Carolingi nella seconda metà dell’VIII secolo, si affermò una politica finalizzata alla renovatio imperii: l’Europa occidentale sarebbe diventata il fulcro del nuovo impero, subentrato a quello romano ormai scomparso. Al progetto politico si associò quello culturale della cosiddetta translatio studii. L’obiettivo era fare dell’impero anche il centro della cultura del tempo attraverso il recupero e la traduzione della tradizione classica latina e greca. La diffusione della cultura del libro e del testo scritto si fondò sull’attività dei monasteri benedettini e delle loro biblioteche.
Aquisgrana e la dimora imperiale di Carlo Magno, sede della cosiddetta scuola palatina, divennero il centro di questa riforma. Tra i suoi promotori ci furono figure come Paolo Diacono (?-799), Teodulfo (760-812), Agobardo (814-840) e Alcuino (735-804). A Aquisgrana si formarono i funzionari dell’impero. Lo stesso Carlo Magno ordinò di arricchire la propria biblioteca con le copie dei libri più rari e importanti, affinché divenisse luogo di conservazione e documentazione della cultura contemporanea. Fu evidente allora che l’eredità dell’antichità era stata recepita dall’Occidente e che la rinascita intellettuale sarebbe ripartita da lì attraverso la rete ecclesiastica.