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Il nome della rosa… in un fumetto

Il nome della rosa

Lo abbiamo visto al cinema e anche in una serie televisiva. Ora Il nome della rosa è diventato anche un fumetto. A firma di Milo Manara, uno dei più famosi autori italiani di fumetti, l’opera è una trasposizione dell’opera di Umberto Eco e si compone di due volumi, di cui il primo, appena pubblicato, si è già rivelato un successo.

Il nome della rosa, dal romanzo al fumetto

Diviso in due parti, il fumetto de Il nome della rosa firmato da Milo Manara è un’iniziativa editoriale di respiro internazionale: la sua pubblicazione, infatti, avviene in contemporanea in tutto il mondo. Prima dell’iniziativa di Manara, d’altra parte, Il nome della rosa era stato portato sul grande schermo dal regista francese Jean-Jacques Annaud. Era il 1986 e a interpretare Guglielmo da Baskerville c’era l’indimenticabile Sean Connery. Nel cast, di caratura internazionale, c’erano anche Christian Slater (Adso da Melk) e F. Murray Abraham (Bernardo Gui). È da ricordare poi la coproduzione italo-tedesca Il nome della rosa del 2019, miniserie televisiva con John Turturro e Rupert Everett. Ora c’è la trasposizione a fumetti di Manara, che si caratterizza per l’eleganza (tipica dello stile dell’autore), ma anche per il frequente uso di immagini medievali. Una scelta grafica raffinata che, non a caso, ha incontrato i favori di pubblico e critica.

Letteratura e fumetto

Il fumetto Il nome della rosa non è la prima incursione di Milo Manara nel mondo della letteratura. In precedenza, infatti, aveva lavorato sull’Asino d’oro del poeta latino Apuleio. D’altra parte, il fumetto è ormai considerato un genere con una propria maturità artistica, tanto che gli è riconosciuto anche un valore letterario. Uno dei primi a parlarne fu proprio Umberto Eco nel suo Apocalittici e integrati (1964), che aveva definito «poeta» Charles M. Schulz, il papà dei Peanuts. E oggi che il fumetto ha conquistato sempre più lettori, il graphic novel si è affermato come genere narrativo di successo, apprezzato anche dai critici. Un esempio su tutti è Dimentica il mio nome di Zerocalcare, che nel 2015 è stato tra i finalisti al premio Strega.