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L’editoria alla svolta della Prima guerra mondiale

prima guerra mondiale

Il prossimo 11 novembre si celebra il centenario dalla fine della Prima guerra mondiale. La Grande Guerra segnò un punto di rottura nella storia dell’Europa e dell’Occidente in generale. Mai fino ad allora era stato combattuto un conflitto di tali dimensioni, che costò la vita a 9 milioni di soldati e 7 milioni di civili. La Prima guerra mondiale segnò però anche una cesura nella storia dell’editoria italiana, che dovette fare i conti con la nuova difficile situazione.

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Soldati in trincea durante la prima guerra mondiale

L’editoria del primo Novecento

Alla fine dell’Ottocento l’editoria si era aperta sempre più a un nuovo pubblico popolare, e questa tendenza proseguì nel Novecento. Si cominciava così a delineare la distinzione tra editoria di consumo ed editoria di cultura che caratterizzerà l’industria culturale del XX secolo. Da un lato infatti i grandi editori continuavano a pubblicare opere destinate a un pubblico colto di letterati; dall’altro erano sempre più diffusi i libri, soprattutto romanzi (ma non solo), rivolti alla classe operaia. Sono questi gli anni del maggior successo della casa editrice dei Fratelli Treves, presso i quali anche Federico Motta aveva svolto il suo apprendistato come tipografo. Per i tipi di Treves uscirono, tra gli altri, nomi di primo piano come D’Annunzio e Pirandello; grande fortuna commerciale ebbero anche Fogazzaro e Guido Da Verona.

La ricostruzione dopo la Prima guerra mondiale

La situazione cambiò con l’ingresso dell’Italia nella Prima guerra mondiale nel 1915. L’editoria conobbe un momento di crisi, dovuto in particolare all’aumento del prezzo della carta, sempre più difficile da trovare. Si registrò comunque qualche successo, come il romanzo Mimì Bluette… fiore del mio giardino di Guido Da Verona, che uscì nel 1916. Il primo dopoguerra fu un momento di ricostruzione anche per la produzione editoriale. L’editoria italiana fu segnata dalla crescita di editori come Mondadori, Rizzoli, Bompiani ed Einaudi. E anche Federico Motta muoveva i primi passi: nei primi anni dopo la Grande Guerra fondava, insieme a un ex prigioniero ungherese conosciuto sotto le armi, la Fotoincisione Sociale. L’avvento del fascismo nel 1922 avrebbe però trasformato nuovamente la situazione.